No all’obbligo di vedere i nonni, prevale l’interesse del minore

Il caso

I nonni e lo zio paterno di due minori si rivolgevano al Tribunale per i minorenni lamentando di non poter più incontrare i nipoti a causa degli ostacoli frapposti dai genitori e chiedendo di veder garantito l’esercizio del diritto loro riconosciuto.

Il tribunale accoglieva la domanda, disponendo che potessero intrattenere rapporti con i nipoti nei limiti e con le modalità indicati nel provvedimento, quindi, incaricava i servizi sociali di regolamentare gli incontri.

La Corte d’appello condivideva le valutazioni del primo giudice in ordine alla possibilità di dar corso agli incontri richiesti.

Proponevano ricorso per Cassazione contro il provvedimento i genitori dei minori.

Motivi di ricorso

È corretto il provvedimento dei Giudici di merito?

Principi applicati 

Il principio da cui partire per capire la correttezza o meno del provvedimento è che il carattere “significativo” del rapporto a cui fa riferimento l’art. 317-bis cod. civ. non può che derivare da una relazione positiva, gratificante e soddisfacente del bambino con l’ascendente ed implichi, di conseguenza, una spontaneità di relazione e non una coercizione. 

Il mantenimento di rapporti significativi, perciò, non può essere assicurato tramite la costrizione del bambino, attraverso un’imposizione manu militari di una relazione sgradita e non voluta, cosicché nessuna frequentazione può essere disposta a dispetto della volontà manifestata da un minore che abbia compiuto i dodici anni o che comunque risulti capace di discernimento, ex art. 336-bis cod. civ..

Decisione

Sulla base di questo principio, secondo la corte di Cassazione, l’accertamento compiuto dalla Corte di merito si è limitato a rilevare l’assenza di un pregiudizio per i minori derivante dal “passare del tempo con i nonni e lo zio paterni”, trascurando totalmente di indagare, nel senso appena illustrato, quale fosse il superiore interesse, specifico e concreto, di ciascuno dei bambini nella situazione di conflittualità venutasi a creare fra genitori e la famiglia paterna, al fine poi di stabilire se le divergenti posizioni potessero essere oggetto di un proficuo bilanciamento in funzione di tale interesse e quali fossero i provvedimenti all’uopo più idonei.

Rispetto a questa prospettiva di indagine il provvedimento impugnato si limita a registrare, in astratto, che l’opposizione dei genitori costringeva i nipoti “a vivere privati di affetti che [potevano] arricchirli”, ma non spiega quale fosse, nella realtà della situazione familiare posta all’attenzione della Corte di merito, il preciso tornaconto dei minori a veder partecipare ciascuno degli ascendenti nel progetto educativo e formativo che li riguardava.


Il ricorso veniva accolto perché – per usare le parole della Corte di Cassazione – “non è il minore a dovere offrirsi per soddisfare il tornaconto dei suoi ascendenti a frequentarlo, ove non ne derivi un reale pregiudizio, ma è l’ascendente  a dovere prestarsi a cooperare nella realizzazione del progetto educativo e formativo del minore, se e nella misura in cui questo suo coinvolgimento possa non solo arricchire il suo patrimonio morale e spirituale, ma anche contribuire all’interesse del discendente”.

Quindi fermo il diritto dell’ascendente a mantenere rapporti significativi coi nipoti minorenni, tale diritto non ha un carattere incondizionato e l’esercizio e la tutela, a fronte di contestazioni o comportamenti ostativi di uno o entrambi i genitori, è soggetto ad una valutazione del giudice che mira all’ “esclusivo interesse del minore”.

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